La Free Software Foundation (FSF) è ritornata sul problema del Secure Boot di UEFI — dopo la prima opinione divulgata già nell’ottobre del 2011. Sebbene con una parziale preferenza per Red Hat, la FSF critica tanto l’atteggiamento di Fedora, quanto quello di Ubuntu.
Tuttavia, a fronte delle condivisibili valutazioni espresse nella propria lettera aperta, la FSF non è stata in grado di identificare una soluzione “concreta”. Piuttosto, s’è limitata a sottolineare i limiti di quelle previste dalle due società impegnate sul problema.
L’augurio della FSF è che si possa arrivare a una soluzione alternativa, che accetti le chiavi generate dagli utenti e non debba costringere a un passaggio da Microsoft o VeriSign, per tutelare il proprio diritto ad avviare un sistema operativo diverso da Windows 8.
Purtroppo, al momento una soluzione simile non esiste. La FSF non ha offerto nuovi spunti, se non a livello teorico, in questa direzione. L’unica possibilità, ammesso che i produttori la concedano, risiede nel disabilitare il Secure Boot dalle impostazioni di UEFI.
Le critiche della FSF, circa la soluzione di Matthew Garrett per Fedora 18, vertono sulla necessità d’acquistare la propria chiave privata per il Secure Boot di UEFI via Microsoft — attraverso la piattaforma realizzata da VeriSign, a sua volta sussidiaria di Symantec.
L’opinione sulla scelta di Canonical è un po’ più controversa, perché Ubuntu 12.10 ha optato per utilizzare efilinux – un boot loader che non è affatto compatibile con la GPLv3 – per gestire le chiavi del Secure Boot. Fedora 18, invece, manterrà l’utilizzo di GRUB2.
Via | FSF
La FSF commenta i piani di Canonical, Red Hat sul Secure Boot di UEFI é stato pubblicato su Ossblog.it alle 13:00 di martedì 03 luglio 2012. Leggete le condizioni di utilizzo del feed.