Ieri il velivolo Unity della Virgin Galactic ha portato a 86 chilometri di quota il fondatore dell’azienda, Richard Branson, insieme ai due piloti Dave Mackay e Michael Masucci e a tre dipendenti (Beth Moses, Colin Bennett e Sirisha Bandla). Non è la prima volta che il velivolo, sganciato a circa 15.000 metri da un aereo-madre, effettua un volo fino a queste quote, raggiungendo una velocità di circa Mach 3 in un ripidissimo arco parabolico (lo ha già fatto almeno tre volte), ma è la prima volta che Unity lo fa trasportando un complemento completo di passeggeri.
Inoltre Branson diventa la prima persona al mondo a raggiungere una quota definibile come “spazio” usando un veicolo finanziato dalla persona stessa.
Se questo viene considerato un volo spaziale, si stabilisce anche un nuovo record per il maggior numero di persone contemporaneamente nello spazio, sia pure per pochi minuti: 16 (tre astronauti cinesi sulla stazione cinese, sette astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale e sei persone a bordo di Unity).
Il profilo di volo non è particolarmente innovativo: questo tipo di arco parabolico fino ad altissime quote fu effettuato già quasi sessant’anni fa, nel 1963, dall’aereo-razzo sperimentale X-15 della NASA, anch’esso portato in quota da un aereo-madre (un bombardiere B-52 appositamente modificato). La differenza è che stavolta lo fa un’azienda privata, e al posto di un singolo, addestratissimo pilota ci sono sei persone, di cui quattro sono semplici passeggeri in comode poltroncine.
Non avendo superato la quota di 100.000 metri normalmente considerata come demarcazione di inizio dello spazio (la cosiddetta linea di Karman), quello di Branson non è formalmente un volo spaziale in senso stretto: è un volo ad altissima quota. Tuttavia il governo statunitense considera la quota di 80 km come confine fra atmosfera e spazio, per cui i membri dell’equipaggio di Unity, partiti da una base nel New Mexico, possono considerarsi ragionevolmente astronauti suborbitali.
L’esperienza di bordo è in effetti molto simile a quella di un volo spaziale suborbitale: il velivolo deve usare razzi di manovra per il controllo d’assetto, perché a 80 km di quota l’atmosfera è troppo rarefatta per consentire manovre usando le superfici aerodinamiche, e la traiettoria consente circa tre minuti di assenza di peso e una visione della Terra paragonabile a quella che si ha dallo spazio, con il cielo nero e una curvatura molto marcata dell’orizzonte.
Il volo è stato presentato come un collaudo finale per il “turismo spaziale” che Branson prevede di offrire commercialmente dal 2022, con biglietti che attualmente costano circa 250.000 dollari a testa.
La più grande differenza rispetto ai voli spaziali tradizionali è in positivo: qui non ci sono mesi di addestramento (ma solo cinque giorni di preparazione) e non ci sono procedure di imbarco o sbarco particolarmente complesse. Si sale a bordo, si vola, si atterra planando e si scende dall’aereo subito, con le proprie gambe. È tutto molto naturale e accessibile. A parte il prezzo.
Fonte aggiuntiva: BBC.
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